Quesito 39/2013

prevenzio.net

Differenza di genere - Esposizione a rischio

Domanda

Esistono evidenze scientifiche a supporto di una valutazione dei rischi nell'ottica della differenza di genere ed età per lavoratori esposti a rischi ad es. di rumore, vibrazioni, sostanze pericolose, movimentazione manuale carichi, stress lavoro correlato ecc.?

Risposta

Le risposte dell'organismo umano nei confronti di fattori di rischio professionali e non sono caratterizzate da un certo grado di variabilità sia intrinseca (risposte diverse dello stesso organismo in momenti diversi) che legati alle caratteristiche di ognuno (tra cui l'età, il sesso, il genere, la presenza di precedenti anomalie/malattie che modificano la risposta, ecc...). Non possiamo affrontare in maniera esaustiva una problematica così complessa e ampia in una sede come questa, destinata a risposte puntuali e concise. Ci limitiamo ad alcuni esempi legati alla differenze di genere e di sesso. Ovviamente la principale rimane la gravidanza (tutelata da specifica legislazione) e in generale il periodo di fertilità della donna particolarmente sensibile ad alcuni fattori di rischio chimico (il piombo, ad esempio); il datore di lavoro in fase di valutazione di (tutti) i rischi dovrà valutare anche questi specifici, individuando le mansioni/operazioni vietate e le mansioni in cui eventualmente spostare una donna in gravidanza. Altri esempi riguardano l'esposizione a solventi a cui le donne sono più sensibili per una maggiore quantità relativa di tessuto adiposo (in cui i solventi si depositano); così come l'apparato endocrino risulta più sensibile ai suoi effetti tossici. Altri esempi, molto emblematici, riguardano l'ergonomia e richiamano alla progettazione dei posti di lavoro tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dei lavoratori, all'adozione e uso di DPI adeguati, alla movimentazione manuale dei carichi: il peso limite di 25 Kg, proposto dalla norma EN 11228-1, protegge il 95 % dei maschi ma solo il 70 % delle donne, per le quali, quindi, occorre individuare un valore più basso e più protettivo. In definitiva il datore di lavoro (e tutti i suoi collaboratori, tra cui il medico competente) dovrà tenere conto delle differenze in modo da "sfruttarle" positivamente, fornendo le opportunità affinché i vari soggetti, diversi tra loro, siano in grado di svolgere al meglio il compito senza pericoli per la salute e sicurezza e senza che la differenza stessa possa rappresentare una condizione discriminatoria.

(Luglio 2013)