Quesito 46/2012
Agenti cancerogeni e tenuta del registro degli esposti
Domanda
Per una attività che comporta la presenza di agenti cancerogeni (es. Legni duri o cromo vi) sono svolte indagini analitiche che collocano la concentrazione dell'agente al di sotto del proprio tlv (se esiste) o addirittura sotto la soglia di rilevabilità del metodo.
Il registro di cui art. 243 va comunque sempre attivato (in quanto c'è presenza dell'agente)?
Oppure la sua attivazione è in funzione del giudizio di esposizione all'agente eseguito (per esempio dal medico e/o dal datore di lavoro) tenendo conto dei vari fattori che contribuiscono a definire il livello della stessa esposizione (es. Indagini analitiche, modalità di lavoro, frequenze di esposizione, ecc.)?
Potreste fare chiarezza, visto che, anche fra gli stessi medici del lavoro, gli approcci possono essere nettamente contrastanti fra loro?
Risposta
Il registro degli esposti a cancerogeni (art. 243 del D. Lgs. 81/08) va attivato quando sono presenti lavoratori per i quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute (in questo caso anche la sorveglianza sanitaria è obbligatoria).
Secondo le linee guida del Coordinamento delle Regioni per l'applicazione del 626 sono da considerare esposti (e quindi a rischio per la salute) i lavoratori per i quali l'esposizione a cancerogeni e/o mutageni potrebbe essere superiore a quella della popolazione generale.
Questa operazione è relativamente semplice quando esistono valori di riferimento per la popolazione generale altrimenti, in assenza di tali riferimenti, si può considerare presente e significativa l'esposizione allorché sia riscontrabile la sostanza nell'ambiente di lavoro e sia correlabile un suo coinvolgimento nel ciclo lavorativo.
La soluzione migliore dovrebbe essere riposta nella misurazione dell'esposizione (obbligatoria in fase di valutazione del rischio) ma la qualità del dato spesso insufficiente rendono poco attendibile anche questa metodica.
In quest'ultimo caso si può fare riferimento alla durata d'uso di un cancerogeno; ad esempio si può considerare esposto un soggetto che usa per più di 20 giorni lavorativi un cancerogeno (criterio adottato dall'ASA finlandese) o 30 minuti a settimana come media annuale (secondo il NIOSH).
(Maggio 2012)