Una crisi senza precedenti
La sede regionale di Bankitalia ha presentato l'11 novembre scorso il consueto studio congiunturale sull'andamento dell'economia dell'Emilia-Romagna.
Nel primo semestre dell'anno in corso la diffusione della pandemia di Covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sull'attività economica in Emilia-Romagna. L'indicatore trimestrale dell'economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d'Italia ha evidenziato una forte contrazione nei primi due trimestri, in misura analoga alla media nazionale; la flessione è stata molto più accentuata fra aprile e giugno.
La riduzione dei livelli di attività ha coinvolto tutti i settori.
Nell'industria la flessione ha interessato i principali comparti di specializzazione regionale e ha riguardato sia le vendite interne sia quelle sui mercati esteri; soltanto le imprese alimentari e farmaceutiche hanno registrato una dinamica migliore, sostenuta anche dalle esportazioni.
Nel terziario la diminuzione dei volumi di attività è stata più marcata per il commercio di beni non alimentari e per i servizi di alloggio e ristorazione; questi ultimi hanno risentito della forte riduzione delle presenze turistiche. Il deterioramento del quadro congiunturale si è riflesso in una minore spesa per investimenti.
L'occupazione è diminuita, dopo una prolungata fase espansiva. Il calo si è concentrato nel secondo trimestre dell'anno ed è riconducibile soprattutto al mancato rinnovo dei contratti a termine giunti a scadenza. Gli effetti della crisi in atto sui livelli occupazionali sono stati attenuati dalle misure pubbliche di sostegno al reddito e dal blocco dei licenziamenti. La fase congiunturale avversa ha scoraggiato la ricerca attiva di un'occupazione, traducendosi in una flessione dei tassi di partecipazione e di disoccupazione.
Il fabbisogno finanziario delle imprese, aumentato fortemente nei mesi successivi allo scoppio della pandemia, è stato gradualmente soddisfatto dai finanziamenti bancari; questi ultimi sono tornati a crescere dal mese di marzo e hanno accelerato nel periodo successivo, sospinti soprattutto dall'introduzione di garanzie pubbliche.
I prestiti alle famiglie hanno rallentato sia nella componente del credito al consumo sia in quella dei mutui per l'acquisto di abitazioni. L'incertezza sulle prospettive ha indotto famiglie e imprese ad accrescere il risparmio a fini precauzionali e ciò si è riflesso in un marcato aumento dei depositi.
Gli indicatori disponibili per i mesi estivi mostrano una ripresa delle attività, sebbene i livelli rimangano al di sotto di quelli dell'anno precedente.
In prospettiva i rischi al ribasso appaiono ancora rilevanti e legati prevalentemente agli sviluppi della pandemia e alle conseguenti scelte di consumo e investimento da parte di famiglie e imprese.