Un anno di pandemia: le ripercussioni sulla manifattura

Diffusi da Unioncamere Emilia-Romagna i dati di approfondimento sui mutamenti congiunturali provocati dall'emergenza sanitaria in provincia di Modena

L'epidemia ha inciso pesantemente sulle imprese dell'Emilia-Romagna e della provincia di Modena, come evidenziano i risultati dell'indagine congiunturale di Unioncamere regionale.

Le imprese manifatturiere modenesi intervistate tra gennaio e febbraio 2021 hanno dichiarato di essere attive nel 98% dei casi, una quota pari alla media regionale, tuttavia nonostante l'apertura hanno subito notevoli contraccolpi sia sugli ordinativi che sul fatturato, considerando il periodo da febbraio 2020 ad oggi.

Infatti ben il 36% delle imprese attive ha dichiarato una diminuzione degli ordini maggiore del 20% dall'inizio della pandemia mentre il 38% di esse ha subito un calo fino al 20%; il 14% ha mantenuto ordinativi stabili, l'11% ha riscontrato un aumento fino al 20% e il 2% anche oltre.

Quasi lo stesso andamento si riscontra per il fatturato, dove il 37% di imprese perde più di un 20% delle vendite, mentre il 39% subisce un calo inferiore al 20%. 12% è la quota di quelle stazionarie, mentre l'11% rileva aumento entro il 20% e l'1% anche oltre.

Leggermente migliore ma sempre difficile risulta l'andamento delle imprese esportatrici sempre nel periodo da febbraio 2020 ad oggi; infatti tra di esse il 20% denuncia diminuzioni di ordini esteri maggiori del 20%, il 32% diminuzioni contenute entro il 20%, il 30% stabilità, il 15% un aumento entro il 20% e il 4% incremento di più del 20%. Anche in questo caso le quote della variabile fatturato ricalcano quelle degli ordini ma sono lievemente meno pesanti (rispettivamente: 17%, 30%, 36%, 15% e 1%).

Per affrontare al meglio le nuove sfide imposte dall'emergenza sanitaria ben il 39% delle imprese manifatturiere ha cambiato la struttura organizzativa e le risorse umane, il 20% ha apportato delle modifiche nelle modalità di approvvigionamento, produzione e distribuzione dei prodotti.

Nonostante siano rimaste aperte, la maggioranza delle imprese ha dovuto ridurre la produzione (75%), il 9% l'ha convertita o ha cambiato attività; una nota positiva è che c'è comunque una parte di imprese che è riuscita a incrementare la produzione (16%).

La riduzione generalizzata delle produzioni ha ovviamente creato problemi anche nella catena delle forniture, che nel 42% dei casi sono state rallentate e nel 13% addirittura interrotte. A fronte di un tale impatto il 27% ha sostituito alcuni fornitori per proseguire l'attività mentre il 18% ha risolto i problemi di approvvigionamento producendo in proprio.

Sul fronte occupazionale il 52% delle imprese ha fatto ricorso a cassa integrazione, ammortizzatori sociali e strumenti di sostegno d'emergenza; il 19% ha attivato o attiverà smart working o altre nuove modalità di lavoro; l'11% ha dovuto ridurre l'organico, nel 7% per cento dei casi non rinnovando i contratti in scadenza mentre nel 5% dei casi sono state posticipate o annullate le assunzioni previste.

Sul fronte finanziario, nei primi sei mesi del 2020, l'80% delle imprese è riuscito ad adempiere agli impegni assunti con le banche. Il restante 20% si è trovato in difficoltà e, nel 18% dei casi ha aderito agli accordi ABI-Associazioni di impresa per la moratoria dei prestiti.

In base alle risposte del sondaggio, inoltre, risulta che 87 aziende su 100 hanno onorato i debiti verso i fornitori (nel 13% dei casi si sono registrati ritardi ma in nessun caso inadempienze).

Sul fronte dei clienti, si attestano sul 45% sia la quota percentuale dei pagamenti puntuali sia quella dei ritardi, mentre una azienda su dieci ha sospeso i pagamenti.