Guerra in Ucraina, pesanti ricadute sulle imprese modenesi

Risultano molto penalizzanti gli incrementi dei prezzi dei prodotti energetici soprattutto nell'industria

L'aumento delle materie prime iniziato già alla fine del 2021 ed esacerbato dalla guerra in Ucraina ha cambiato radicalmente le prospettive delle imprese italiane ed emiliano-romagnole; per capire in che misura questo fenomeno ha impattato sulle economie locali Unioncamere Emilia-Romagna ha arricchito l'Indagine congiunturale sull'industria, l'artigianato e le costruzioni con un focus sulle difficoltà delle imprese riguardo all'aumento dei prezzi e all'approvvigionamento di materie prime.

I risultati non sono molto confortanti, soprattutto con riferimento all'andamento dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime nell'industria manifatturiera.

L'incremento dei prezzi dei prodotti energetici interessa tutti i settori produttivi, ma incide maggiormente nell'industria manifatturiera, che in genere risulta più energivora rispetto al commercio: solamente il 5% delle imprese manifatturiere dichiara di non avere registrato alcun incremento dei prezzi energetici, mentre nel commercio tale percentuale sale al 15%.

Il restante 95% di imprese appartenenti all'industria dichiara incrementi di prezzi per l'energia e la maggior parte di esse (71%) si concentra nelle fasce di aumento dal 10% a oltre il 50%; di esse ben il 22% asserisce di avere subito aumenti oltre il 50%. Le imprese del commercio sono meno concentrate e sono in percentuali pressoché simili in ciascuna fascia di incremento dei prezzi, anche se anche tra di loro il 20% afferma un aumento di oltre il 50% per il prezzo dell'energia.

L'analisi sull'incremento dei prezzi delle materie prime e dei semilavorati mostra un maggiore divario tra l'industria manifatturiera e il commercio, infatti mentre solamente il 7% delle imprese dell'industria dichiara di non avere avuto incrementi nei prezzi delle materie prime, tale quota sale al 34% nel commercio. Inoltre le imprese dell'industria mostrano mediamente maggiori incrementi di prezzi, con il 22% di esse che si posizionano nella fascia dal 5% al 10% di incrementi e il 33% di esse dal 10% al 25%. Nel commercio invece la frequenza massima delle risposte si distribuisce tra le fasce dal 2% al 10% (19% in entrambe le fasce).

I prezzi dei semilavorati mostrano un andamento analogo a quelli delle materie prime, ma è maggiore la quota delle imprese industriali che dichiara di non avere subito aumenti (15%), mentre per il commercio risultano il 35%. Il numero più consistente di imprese industriali che ha dichiarato aumenti si concentra nelle fasce di prezzo dal 5% al 50%, con un quarto di esse nella fascia dal 10% al 25%. Le imprese del commercio segnalano incrementi inferiori (dal 2% al 10% la maggior parte di esse).

Oltre a criticità sui prezzi, in questi mesi si sono verificate anche difficoltà di approvvigionamento di materie prime e di semilavorati, come grano, argilla, acciaio e fertilizzanti, tuttavia tali carenze incidono in misura minore sulle imprese. Infatti è molto più elevata la percentuale di imprese che dichiara di non avere problemi con le materie prime sia nell'industria (28%), ma ancor di più nel commercio (67%), che sembra essere colpito da questa difficoltà in maniera nettamente inferiore. La maggior parte delle imprese industriali che hanno segnalato difficoltà nel reperire materie prime si inserisce nella fascia fino al 10% del valore totale acquistato (34% delle imprese), nel commercio tale percentuale scende al 22%.

L'approvvigionamento dei semilavorati mostra minori problemi: ben il 39% delle imprese industriali non dichiara alcuna difficoltà e nel commercio tale quota sale al 76%. Anche in questo caso la fascia di maggiore problematicità rimane fino al 10% del valore del materiale acquistato, segnalato dal 31% delle imprese industriali e dal 15% delle imprese commerciali.

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pubblicato il 31/05/2022 ultima modifica 31/05/2022